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Tribunale di Bologna > Giustificato motivo oggettivo
Data: 23/12/2003
Giudice: Dallacasa
Tipo Provvedimento: Ordinanza
Numero Provvedimento: -
Parti: CIM SpA / Staffieri
LICENZIAMENTO PER GIUSTIFICATO MOTIVO OGGETTIVO – SITUAZIONE DEL GRUPPO D’IMPRESA – RILEVANZA


Un Quadro che svolgeva mansioni di responsabile acquisti di un’azienda veniva licenziato per preteso giustificato motivo oggettivo, in quanto si sarebbe resa necessaria la soppressione del suo posto a seguito di una radicale contrazione del fatturato dell’unità locale in cui era impiegato, con conseguente necessità di ristrutturare l’intera attività del ramo d’azienda, con ridistribuzione dei suoi compiti residui agli altri dipendenti. Proponeva ricorso ex art. 700 c.p.c. avanti al Giudice del lavoro di Bologna chiedendo ed ottenendo la reintegrazione nel suo posto di lavoro: risultava infatti dal procedimento sommario che la società aveva effettuato, più o meno contemporaneamente al licenziamento, altre assunzioni, ed inoltre non era stata fornita dal datore di lavoro la prova specifica dell’esistenza di un calo di ordinativi. L’ordinanza veniva reclamata dalla società, ed in quella in sede il Collegio, nel confermare l’ordine di reintegra, aggiungeva una interessante motivazione con riferimento al Gruppo d’impresa. Osservava infatti il Tribunale che nel contratto di lavoro del dipendente licenziato la società datrice si riservava la facoltà di “trasferire” il lavoratore anche presso altre società del gruppo. Dopo aver rilevato che “la figura del trasferimento è qui tecnicamente non corretta, poiché di trasferimento si può parlare solo in presenza di un medesimo datore di lavoro, e non per il caso di passaggio da un datore ad un altro” il Collegio osserva che “quale che si il valore da assegnare a questa pattuizione, essa segna certamente la deduzione nel contratto di lavoro di un interesse di gruppo”. Se dunque l’interesse del datore è stato nel contratto contemplato non solo in funzione della diretta prestazione delle energie lavorative ma anche, indirettamente, in funzione della prestazione delle medesime energie ad altra società del gruppo, sembra conforme a buona fede e all’economia del contratto che la prova dell’impossibilità di una diversa collocazione del lavoratore sia data non solo con riferimento alla società reclamante ma all’intero gruppo. E, nel caso concreto, il giorno prima del licenziamento il legale rappresentante della società datrice aveva rilasciato un quotidiano locale un’intervista che magnificava lo stato di salute non solo della società stessa, ma dello stesso gruppo…




Tribunale di Bologna > Giustificato motivo oggettivo
Data: 02/09/2002
Giudice: Palladino
Tipo Provvedimento: Sentenza
Numero Provvedimento: 966/02
Parti: Savigni Fabio /Concerta srl/ Sodexho Italia SpA
LICENZIAMENTO PER GIUSTIFICATO MOTIVO OGGETTIVO PER CAMBIO DI GESTIONE – OBBLIGO DI ASSUNZIONE DA PARTE DELLA SOCIETA’ SUBENTRANTE: SUSSISTENZA – IPOTESI DI ESCLUSIONE PER DETERMINATE CATEGORIE DI LAVORATORI – NECESSITA’ DI VALUTARE IN CONCRETO LE MANSION


A seguito del cambio di gestione dell’attività di cucina dell’Istituto Ortopedico Rizzoli di Bologna la gestione uscente licenziava , tra gli altri, un cuoco inquadrato nel terzo livello del CCNL di settore. Una volta impugnato nei suoi confronti il licenziamento, la società convenuta chiamava in causa la società che si era aggiudicata l’appalto, affermando che essa avrebbe dovuto assumere quel lavoratore con passaggio diretto secondo le disposizioni del contratto collettivo in materia. Chiedeva conseguentemente che venisse dichiarata la propria carenza di legittimazione passiva, e comunque di essere manlevata da ogni domanda da parte della società subentrata nell’appalto del servizio di ristorazione. Il Giudice, nell’esaminare l’art. 304 del CCNL invocato, osservava che esso «impone alla gestione subentrante di assumere tutto il personale addetto, in quanto regolarmente iscritto da almeno tre mesi sui libri paga e matricola della Gestione uscente, riferiti all’unità produttiva interessata, con facoltà di esclusione del personale con funzioni di (…) responsabilità di coordinamento tecnico funzionale nei confronti di altri lavoratori». Tra queste rientra certamente la figura del “cuoco unico”, nella quale il ricorrente era inquadrabile in quanto rientrante nel terzo livello, a nulla rilevando la necessità di valutare in concreto le mansioni effettivamente svolte dal lavoratore, stante l’irrazionalità di una simile interpretazione: «non si comprende come la subentrante potrebbe verificare quale tipo di mansioni avesse effettivamente svolto (sicuramente il contratto avrebbe previsto una procedura, se tale fosse stata l’intenzione dei contraenti) né può trascurarsi l’estrema incertezza dei rapporti negoziali che ne deriverebbe, atteso l’ovvio e prevedibile insorgere di continue contestazioni, che renderebbero la norma contrattuale di difficile applicazione qualora fosse svincolata dal dato oggettivo dell’inquadramento contrattuale». Dal momento che la società convenuta aveva ammesso di aver avuto la disponibilità di una posizione lavorativa per un terzo livello in un’altra città (San Benedetto del Tronto) il Giudice ha considerato il licenziamento illegittimo




Tribunale di Bologna > Giustificato motivo oggettivo
Data: 02/01/2001
Giudice: Pugliese
Tipo Provvedimento: Ordinanza
Numero Provvedimento: -
Parti: De Filippo / Lamborghini Automobili S.p.A. e Lamborghini Holding S.p.A.
LICENZIAMENTO PER SOPPRESSIONE DI MANSIONE ED ACCORPAMENTO DELLE STESSE ALLA CAPOGRUPPO – ILLEGITTIMITA’ – COLLEGAMENTO SOCIETARIO – RILEVANZA – PERICULUM IN MORA – SUSSISTENZA.


Una, dipendente inizialmente assunta come addetto stampa e successivamente adibita a mansioni di responsabile degli eventi e delle manifestazioni promozionali della nota casa automobilistica, veniva licenziata con la motivazione che la sua posizione lavorativa sarebbe stata soppressa a seguito di un processo di riorganizzazione «alla luce dell’accorpamento delle responsabilità gestionali relative ai saloni dell’Automobile e alle fiere di settore automobilistico a livello di capogruppo». Appena due anni prima era stata costituita una Holding e sottoscritto un accordo sindacale con cui era stato concordato che in caso di situazioni che, all’interno delle aziende del gruppo, avessero comportato eccedenza di personale, si sarebbe data priorità al riassorbimento con le società collegate. Il Giudice, riteneva «in base alle risultanze documentali (…) pienamente sussistente il collegamento societario rappresentato dalla ricorrente: anzi, le società del gruppo, che sino a qualche anno fa erano un’unica società, risultano controllate dalla capogruppo». In considerazione di ciò dichiarava «il licenziamento arbitrario e pertanto illegittimo: non è dato infatti comprendere perché la ricorrente non sia “passata” alla capogruppo, atteso che le sue funzioni non sono state in realtà soppresse, ma sono soltanto state trasferite» alla Holding. Il licenziamento veniva considerato altresì illegittimo anche per violazione del citato accordo sindacale, non essendo stata neppure presa in considerazione l’eventualità del riassorbimento della lavoratrice in una delle altre società del gruppo, nonostante l’importanza delle funzioni svolte. Quanto al requisito del pregiudizio imminente ed irreparabile ai fini della concessione del richiesto provvedimento d’urgenza di reintegra, esso veniva rinvenuto negli accertati carichi di famiglia (due figli minori) e nel fatto che «ove non venisse immediatamente reintegrata e ciò avvenisse all’esito della decisione di merito, subirebbe un danno grave e irreparabile alla sua immagine professionale, poiché verrebbe “tagliata fuori” dalla rete di pubbliche relazioni ed eventi sino ad oggi costruiti»




Tribunale di Bologna > Giustificato motivo oggettivo
Data: 30/08/2006
Giudice: Dallacasa
Tipo Provvedimento: Sentenza
Numero Provvedimento: 693/06
Parti: Lidia L. / S. O.
LICENZIAMENTO PLURIMO PER GIUSTIFICATO MOTIVO OGGETTIVO – OBBLIGO DI EFFETTUARE LA SCELTA TRA TUTTI I DIPENDENTI CHE ABBIANO UNA QUALIFICA E UN PROFILO PROFESSIONALE OMOGENEO.


Art. 3 legge n. 604/1966

In conseguenza della decisione aziendale di ridurre ad una sola unità il “team” incaricato di svolgere un determinato progetto, gli altri due ingegneri informatici addetti a quel progetto venivano ritenti esuberanti e conseguentemente licenziati. Il Tribunale del lavoro di Bologna, avanti al quale venivano impugnati i licenziamenti, constatando che i lavoratori erano stati assunti sulla base di un particolare titolo di studio e di uno specifico profilo professionale, ritiene “intuitivo” che la loro competenza, ed il conseguente ambito potenziale di impiego, non potesse considerarsi limitato ad un singolo progetto informatico, e per di più marginale rispetto al core business dell’impresa. Inoltre il Giudice constata che in sede di interrogatorio la stessa società ha riconosciuto l’esistenza di possibilità di “sovrapposizione almeno parziale tra le persone che sono state licenziate e persone occupate in altri ambiti lavorativi” e che quantomeno uno dei lavoratori lavorò per qualche tempo ad un altro progetto. Se ciò è vero – conclude il Tribunale – l’impresa che si trovi nella condizione di dover ridurre il personale “non può esimersi da una approfondita valutazione comparativa di tutti i dipendenti, individuando criteri obiettivi e razionali di scelta che pongano sullo stesso piano quei lavoratori che abbiano una qualifica e un profilo professionale omogeneo. La maggiore comodità che all’impresa deriva dal licenziamento di lavoratori che sono temporaneamente addetti a un progetto che si ritiene di sacrificare, o di posporre ad altri, non può costituire criterio unico di selezione, essendo ciò contrario alla buona fede contrattuale; perché l’oggetto della prestazione lavorativa dedotta in contratto è definito dalla combinazione delle declaratorie contrattuali relative alle qualifiche e ai profili professionali; ed è in relazione alla posizione lavorativa così individuata che va verificata la possibilità di impiego del lavoratore in comparazione con quella degli altri dipendenti collocati nella medesima posizione”.

In applicazione di tali principi il Giudice dichiara illegittimi i licenziamenti ed ordina la reintegrazione dei ricorrenti nel posto di lavoro precedentemente occupato.




Tribunale di Bologna > Giustificato motivo oggettivo
Data: 04/08/2009
Giudice: Dallacasa
Tipo Provvedimento: Ordinanza
Numero Provvedimento:
Parti: GIOVANNI V. / COOPERATIVA TRASPORTATORI ARGELATO S.GIORGIO SCRL; CAVE NORD SRL
LICENZIAMENTO PER GIUSTIFICATO MOTIVO OGGETTIVO - NECESSITA’ DI SPECIFICAZIONE DEL MOTIVO PRODUTTIVO-ORGANIZZATIVO - SCELTA DEL LAVORATORE IN RAGIONE DELLE SUE CONDIZIONI DI SALUTE: ULTERIORE PROFILO DI ILLEGITTIMITA’ - PERICULUM IN MORA: INSUFFICIENZA DE


Artt. 2 e 3 legge n. 604/1966

Art. 700 cod. proc. civ.

Un dipendente veniva licenziato il 29 aprile 2009 per giustificato motivo oggettivo “nell’ambito di un più ampio programma di riassetto organizzativo e produttivo indotto dalle contingenze di mercato, finalizzato tra l’altro alla razionalizzazione degli oneri e al contenimento dei costi determinati dal calo dei volumi produttivi che (…) ha registrato, nel primo quadrimestre 2009, un ridimensionamento pari al 40% rispetto all’analogo periodo dell’anno precedente”. Il licenziamento veniva pertanto definito quale “misura indispensabile per adeguare l’organico alle effettive e residue  esigenze produttive e d’impresa”. Il lavoratore chiedeva tempestivamente la precisazione dei motivi, ma la società si limitava a richiamare il testo dell’art. 3 legge n. 604/1966 ribadendo la motivazione contenuta nella lettera di licenziamento. A quel punto il sig. Aziz promuoveva il tentativo di conciliazione avanti alla DPL, ed immediatamente decorsi i 60 giorni proponeva un ricorso ordinario con istanza di reintegrazione ex art. 700 c.p.c. in corso di causa, evidenziando - tra l’altro - di essere unico percettore di reddito in famiglia composta da moglie e quattro figli di cui due minori, tutti a carico. Il giudice fissava per il cautelare l’udienza del 4 agosto 2009, e per la trattazione della causa di merito al febbraio 2010. Si costituiva la società nella fase cautelare sostenendo la legittimità del licenziamento sia in ragione dell’intento di chiudere entro la fine dell’anno 2009 il reparto al cui era addetto il ricorrente, specificando che la scelta dello stesso era intervenuta anche in ragione delle sue condizioni di salute, che lo rendevano meno “produttivo” (evidenziava infatti la società che il reparto, ridotto da cinque a tre unità, aveva mantenuto invariati i livelli produttivi) e non collocabile in altre posizioni lavorative. Eccepiva inoltre la  mancanza del danno grave ed irreparabile, per aver il dipendente percepito il TFR, che, in aggiunta al trattamento di disoccupazione, avrebbe garantito sufficienti condizioni economiche al lavoratore ed alla sua famiglia (composta anche “da figli maggiorenni”).

Il giudice accoglie l’istanza di reintegrazione, evidenziando che, dal punto di vista formale, la lettera di licenziamento “non consente di identificare le ragioni vere poste a fondamento del licenziamento, come dichiarate dalla stessa resistente in sede giudiziale. Nella lettera, infatti, sono taciuti sia il motivo produttivo/organizzativo del licenziamento (la decisione di ridurre la produzione e poi di chiudere il reparto staffe) sia le ragioni della scelta del lavoratore dal licenziare (la sua invalidità), a fronte del proseguimento dell’attività del reparto con tre occupati (…). Dal punto di vista sostanziale la scelta del lavoratore da licenziare è caduta sul ricorrente in ragione delle sue condizioni di salute, il che introduce un ulteriore profilo di illegittimità, se non di discriminazione”. Sostiene il Giudice che “non ha alcun senso oggi” addurre a giustificazione del licenziamento l’impossibilità di impiego del ricorrente in altro reparto in previsione della chiusura di quello a cui era addetto: “infatti tale argomento può essere speso quando il reparto sia davvero chiuso, ma non prima, a fronte della continuazione dell’attività del reparto, seppure a ritmi produttivi ridotti”. Da ultimo il Tribunale sottolinea come la mancata comunicazione dei motivi effettivi del licenziamento  abbia impedito alla difesa del ricorrente di assolvere ai propri oneri di allegazioni in tema di repechage, “il che conferma i vizi del recesso sul paino della inadeguata comunicazione dei motivi”.

Sotto il profilo della gravità ed irreparabilità del danno il Giudice ritiene che “il pericolo sussiste perché, a fronte di retribuzioni che, per fatto notorio, sono appena sufficienti a garantire la sussistenza, la percezione dell’indennità di disoccupazione per un tempo limitato non può considerarsi una forma di ristoro adeguato”. In considerazione della apparente illegittimità del recesso, il Giudice si fa anche carico del fatto che l’indennità di disoccupazione correrebbe il rischio di essere erogata ingiustificatamente: “a fronte dell’esistenza del fumus dell’illegittimità del licenziamento, non pare appropriato escludere il periculum, in ragione di un esborso, a carico dell’ente previdenziale, che presumibilmente (cioè secondo il grado di probabilità proprio del giudizio sul fumus), sarebbe senza causa”. Da ultimo, per quanto concerne l’eccepita  tardività della proposizione dell’istanza ex art. 700 c.p.c. (che, si rammenta, era stata proposta in corso di causa appena decorsi i 60 giorni del tentativo obbligatorio di conciliazione) secondo l’ordinanza “il tempo di due mesi intercorso tra la comunicazione dei motivi ed il deposito del ricorso è ragionevole, e non giustifica una valutazione di acquiescenza al licenziamento”.




Tribunale di Bologna > Giustificato motivo oggettivo
Data: 22/06/2009
Giudice: Palladino
Tipo Provvedimento: Sentenza
Numero Provvedimento: 262/09
Parti: Giuseppe M. / Banca Antonveneta spa
LICENZIAMENTO PER GIUSTIFICATO MOTIVO OGGETTIVO MOTIVATO DAL CALO DEL FATTURATO E DELLE COMMESSE – MANCANZA DEI CRITERI DI SCELTA ADOTTATI DALLA SOCIETA’ – OBBLIGO DI REPECHAGE - REINTEGRA DELLA LAVORATRICE ART. 18 LEGGE N. 300/70.


Art. 414 cod. proc. civ.

Art. 18 L. 300/70

 

Una lavoratrice, componente delle RSU in qualità di delegata CGIL, era addetta al settore tricologico di un’azienda Bolognese, famosa nel campo degli infoltimenti non chirurgici.

In data 22 febbraio 2006, a causa “della drastica ristrutturazione aziendale con conseguente riduzione del personale”, la lavoratrice veniva licenziata – assieme ad una sua collega - per giustificato motivo oggettivo.

Previo esperimento del tentativo di conciliazione avanti alla DPL la dipendente impugnava il licenziamento avanti al Tribunale del lavoro di Bologna al fine di veder dichiarato illegittimo il licenziamento e ottenere l’immediata reintegra nel suo posto di lavoro. Si costituiva la società ex datrice di lavoro sostenendo che il licenziamento era stato giustificato dal calo delle commesse e del fatturato che aveva fortemente inciso sui bilanci aziendali dell’ultimo anno.

La sentenza con cui viene accolto il ricorso censura innanzi tutto la motivazione addotta per genericità, non facendo essa “riferimento ad alcun elemento specifico” che giustificasse il drastico provvedimento risolutorio del rapporto di lavoro, aggiungendo che l’assunto dichiarato dalla società convenuta “potrebbe essere utilizzato per giustificare il licenziamento di qualunque dipendente”.

Dalle testimonianze rese dinanzi al Giudice dagli ex colleghi della lavoratrice, ancora dipendenti in azienda, emergevano chiaramente elementi che sembravano smentire l’effettivo calo dell’attività, tanto che veniva confermato che, nel periodo successivo al licenziamento della signora R., il settore presso il quale ella era adibita necessitava di personale che veniva fornito da strutture site in altre località e, allo stesso tempo, che tutti i dipendenti erano stati chiamati a svolgere ore di lavoro straordinario per smaltire il lavoro accumulato nel settore tricologico ove operava la lavoratrice.

Non avendo pertanto la società Activa Srl non aveva assolto all’onere probatorio che su di essa incombeva ai sensi dell’art. 5 della Legge n. 604/66 il Giudicante riteneva che il licenziamento era da considerarsi illegittimo e, conseguentemente, ordinava alla società convenuta di reintegrare la ricorrente nel suo posto di lavoro e di corrisponderle le retribuzioni perdute dalla data del licenziamento all’effettiva reintegra, ai sensi e per gli effetti dell’art. 18 della L. 300/70, oltre ai contributi previdenziali e assistenziali. In base a quanto previsto dalla stessa legge, poi, alla lavoratrice è stata concessa la facoltà di chiedere al datore di lavoro - entro 30 giorni dal deposito della sentenza – in sostituzione della reintegrazione nel posto di lavoro, un’indennità pari a quindici mensilità di retribuzione globale di fatto, oltre a quanto già stabilito dal Giudice in merito alle mensilità perdute.




Tribunale di Bologna > Giustificato motivo oggettivo
Data: 19/04/2010
Giudice: Marchesini
Tipo Provvedimento: Sentenza
Numero Provvedimento: 129/10
Parti: Alessandro B. / Corticella Molini e Pastifici Spa
INFORTUNIO SUL LAVORO – LICENZIAMENTO PER SUPERAMENTO DEL PERIODO DI COMPORTO – ILLEGITTIMITA’


Art. 414 cod. proc. civ.

Art. 18 L. 300/70

 

Un lavoratore, addetto alla manutenzione degli impianti automatizzati per la produzione e il confezionamento di pasta alimentare, subiva un infortunio sul lavoro nel maggio del 2002.

In particolare, il dipendente, intorno alle ore 4,00, durante il suo turno di servizio notturno, si trovava nel magazzino dello stabilimento alla ricerca di alcuni cartoni da imballaggio; mentre percorreva il corridoio, in attesa che arrivasse l’ascensore per risalire al primo piano, gli cadevano addosso due bancali contenenti diversi scatoloni di pasta, che lo ricoprivano totalmente.

Veniva subito certificata dall’Inail un’inabilità totale dal lavoro, tanto che il signor B. rimaneva assente per un lungo periodo sino al 16.10.2006, data in cui veniva licenziato per superamento del periodo di comporto.

Successivamente, però, l’Inail riconosceva che il periodo di malattia dal novembre al dicembre del 2004, era stato conseguente all’infortunio subito sul lavoro, tanto che l’azienda comunicava al lavoratore la possibilità di essere riammesso in servizio, previo esito positivo della visita di accertamento di inidoneità alle mansioni, procedendo contestualmente alla revoca del licenziamento.

Con tempestiva raccomandata, il signor B, rifiutava la suddetta revoca ed optava per l’indennità sostitutiva della reintegra ex art. 18 L. 300/70.

Il lavoratore, pertanto, procedeva con il deposito del ricorso ex art. 414 per impugnazione del licenziamento e risarcimento danni, sostenendo l’illegittimità del provvedimento risolutivo del rapporto di lavoro anche sotto il profilo della responsabilità della società datrice di lavoro nella causazione dell’infortunio sul lavoro, con conseguente illegittimità del licenziamento.

Si costituiva in giudizio la Corticella Molini e Pastifici Spa, rilevando che, all’epoca dell’intimato licenziamento, il ricorrente aveva effettivamente superato il periodo di comporto, poiché solo successivamente era intervenuta la rideterminazione del periodo di infortunio da parte dell’Inail.

La società convenuta, inoltre, affermava nella memoria difensiva che, a fronte della suddetta comunicazione da parte dell’Istituto Previdenziale, aveva provveduto a revocare il licenziamento, ad  erogare al lavoratore le somme dovute a titolo di retribuzione dalla data del licenziamento alla data di revoca  e, pertanto, chiedeva il rigetto delle domande formulate dal ricorrente e, in via riconvenzionale, la condanna del signor B. alla restituzione delle somme a lui erogate.

Il processo iniziava nel gennaio del 2008 e all’udienza del 19 aprile 2010, il Giudice, al termine della discussione della causa pronunciava sentenza dando lettura del dispositivo, con il quale dichiarava l’illegittimità del licenziamento intimato dalla Corticella Molini e Pastifici Spa al signor B.

In particolare, Il Giudice, nella motivazione della Sentenza, rilevava “infondata l’eccezione inerente l’illegittima del licenziamento sotto il profilo della responsabilità della società datrice di lavoro nella causazione dell’infortunio sul lavoro, da cui era derivato il lungo periodo di malattia, dal momento che con  sentenza n. 642/2008, il Tribunale Penale di Bologna ha escluso la sussistenza di qualunque responsabilità in carico alla società convenuta per l’infortunio sul lavoro occorso al lavoratore”.

Il Giudicante riteneva invece “fondato il motivo di illegittimità c.d. sopravvenuto conseguente alla pronuncia dell’Inail; in primo luogo perché, al momento del licenziamento intimato, gli accertamenti degli Istituti Previdenziali erano ancora in corso e, vista la complessità della situazione post traumatica del lavoratore, sarebbe stato possibile giungere ad una diversa valutazione e qualificazione dei periodi di assenza dal lavoro per malattia. In secondo luogo, poi, perché il licenziamento irrogato per superamento del periodo di comporto non era atto necessito od obbligatorio, bensì atto liberamente valutabile dalla società datrice di lavoro, che avrebbe anche potuto adottare deliberazioni diverse”.

Per detti motivi, dunque, il Giudice del Lavoro dichiarava illegittimo il licenziamento irrogato al signor B. e, conseguentemente, ordinava alla società convenuta di corrispondere al lavoratore l’indennità sostitutiva della reintegra in misura pari a 15 mensilità della retribuzione globale di fatto, con interessi legali e rivalutazione monetaria, dalla mora al saldo.

Infine, nulla statuiva il Giudice in merito al rifiuto del lavoratore della revoca del licenziamento, accogliendo in tal senso il ragionamento elaborato dal ricorrente in base al quale “essendo la revoca del licenziamento un atto unilaterale, necessita, per ritenersi validamente ricostituito il rapporto di lavoro, della volontà del lavoratore che manifesta espressamente l’accettazione della stessa” (Cass. n. 12107/2004) .